31 Maggio, 2017|NEWSLETTER BVS-P|

FARSI UN’IDEA

Cronicità

Tag cronicità malattie croniche invecchiamento appropriatezza aderenza

Di dieci euro spesi oggi per l’assistenza sanitaria, quasi otto sono assorbiti dalla cura a persone con malattie croniche. Cifre che possono solo crescere, se consideriamo in primo luogo il progressivo invecchiamento della popolazione: si prevede che entro il 2060 il numero dei cittadini europei con età superiore a 65 anni crescerà da 88 a 152 milioni, con una popolazione anziana doppia di quella sotto i 15 anni. Va poi considerata la lungo sopravvivenza di persone affette da patologie che fino a pochi anni fa avevano un progressivo ma rapido peggioramento. Scompenso cardiaco, insufficienza respiratoria, diabete, obesità, disturbi dell’umore, demenza, ipertensione: l’80% delle persone oltre i 65 anni soffre di almeno uno di questi disturbi che spesso si verificano contemporaneamente nello stesso individuo.

Il Ministero della salute (MS) ha da poco pubblicato il Piano nazionale della Cronicità (PNC) che ha lo scopo intermedio di “armonizzare a livello nazionale le attività in questo campo”, promuovendo interventi coordinati tra i diversi professionisti coinvolti nell’assistenza sanitaria e sociale, che siano:

1) centrati sulla persona,

2) orientati a rendere migliore l’organizzazione dei servizi, responsabilizzando tutti gli attori dell’assistenza.

Obiettivo finale del Piano è “contribuire al miglioramento della tutela per le persone affette da malattie croniche, riducendone il peso sull’individuo, sulla sua famiglia e sul contesto sociale, migliorando la qualità di vita, rendendo più efficaci ed efficienti i servizi sanitari in termini di prevenzione e assistenza e assicurando maggiore uniformità ed equità di accesso ai cittadini.”

FARSI UN’IDEA DEL PIANO NAZIONALE DELLA CRONICITA’

Il PNC nasce da anni di approfondimento da parte della comunità scientifica internazionale. Nel documento ministeriale è tracciato in premessa il percorso che ha portato al PNC ma può essere utile osservare le pagine pubblicate dal Ministero anche alla luce di altre riflessioni sul tema della cronicità, anche perché quella che è ormai definita come una epidemia di patologie ad andamento cronico-degenerativo non è più una prerogativa dei paesi cosiddetti avanzati. Un sintetico approfondimento è quello proposto da Maurizio Marceca e Silvia Ciccarelli, dell’Istituto di Igiene della Sapienza Università di Roma, dove leggiamo che il maggiore impatto delle patologie croniche e dei fattori di rischio favorenti avviene nei paesi a basso livello di sviluppo (dove vive circa l’80% della popolazione mondiale): “Ciò avviene – spiegano gli autori – oltre che per la presenza di un terreno predisponente quale la povertà e le scadenti condizioni di vita che a questa si accompagnano, anche per quella che è stata definita ‘la globalizzazione dei comportamenti a rischio’. L’analisi di Marceca e Ciccarelli suggerisce di guardare con occhio attento ai processi di pauperizzazione e di emarginazione di strati di popolazione più disagiati cui assistiamo anche nei paesi a prodotto interno lordo più elevato.

Farsi un’idea del concetto di Cronico
[Accedi al testo completo dell’articolo di Marceca e Ciccarelli]

Tornando al PNC, la prima parte descrive il disegno complessivo del programma, suddiviso in cinque sezioni: definizione, epidemiologia, costi; differenti bisogni della persona con malattia cronica; le premesse per una gestione efficace, efficiente e centrata sul paziente; il sistema assistenziale; la strutturazione di percorsi assistenziali per la cronicità.

Un aspetto fondamentale è la definizione della persona a cui il programma fa riferimento: “Il paziente cui ci si riferisce è una persona, solitamente anziana, spesso affetta da più patologie croniche incidenti contemporaneamente (comorbidità o multimorbidità), le cui esigenze assistenziali sono determinate non solo da fattori legati alle condizioni cliniche, ma anche da altri determinanti (status sociofamiliare, ambientale, accessibilità alle cure ecc.).” Appare particolarmente significativo il richiamo ai determinanti di salute socio-economici, ai quali il PNC dedica infatti un cenno anche successivamente.

La seconda parte del PNC approfondisce gli elementi chiave di gestione della cronicità, individuati in aderenza, appropriatezza, prevenzione, cure domiciliari, informazione educazione empowerment, conoscenza e competenza.

E’ importante sottolineare la determinazione del MS nel sollecitare il passaggio dalla gestione del caso clinico alla cura della persona malata, ponendola al centro dei percorsi assistenziali e perseguendo quella che viene definita “la salute possibile”, vale a dire il massimo stato di benessere in considerazione delle condizioni di malattia del paziente (esiti ragionevolmente raggiungibili alla luce della storia del malato). La centralità dell’ospedale è superata in direzione di percorsi di supporto – e non più necessariamente di guarigione – prevalentemente erogati a domicilio o ambulatorialmente. Questo elemento riprende uno dei concetti chiave esposti in un articolo fondamentale di una serie pubblicata nel 2002 sul Journal of the American Medical Association (JAMA) intitolata Innovations in primary care. L’articolo era firmato da Thomas Bodenheimer – una figura centrale per la politica sanitaria statunitense – , Edward H. Wagner – l’ideatore del Chronic Care Model (CCM)– e Kevin Grumbach – della University of California San Francisco. Gli autori sostenevano, infatti, che l’attività del medico è prevalentemente volta a contenere la sintomatologia acuta e le preoccupazioni del paziente in emergenza, a danno di una più razionale gestione delle malattie croniche di cui lo stesso paziente è portatore. Proprio il CCM è indicato dal PNC tra i principali modelli di riferimento utilizzati.

Clinicians routinely experience this tyranny of the urgent.”

Bodenheimer, Wagner, Grumbach

“In un sistema disegnato per i casi acuti invece che per l’assistenza alla cronicità, ai pazienti non è insegnato in modo adeguato il modo per prendersi cura dei loro stessi problemi di salute. Le visite sono di breve durata e c’è poca programmazione che possa garantire la soluzione delle questioni urgenti come anche le esigenze che si presentano nel corso di patologie croniche”. Per questo, un sistema assistenziale ripensato deve considerare il malato come un attore fondamentale della cura, reso competente e consapevole, inserito in un contesto familiare altrettanto preparato. A suo sostegno, un insieme integrato di professionalità sanitarie che si distribuisca i compiti, con il personale infermieristico maggiormente concentrato sulla gestione della cronicità, sullo svolgimento dei controlli periodici dei valori di laboratorio e sull’educazione del malato. Strumenti di questa presa in carico sono i Percorsi Diagnostico-Terapeutici Assistenziali (PDTA), “garanzia di effettiva presa in carico dei bisogni ‘globali’ e di costruzione di una relazione empatica tra il team assistenziale e la persona con cronicità ed i suoi caregiver di riferimento.”

Farsi un’idea del CHRONIC CARE MODEL
[Accedi al testo completo dell’articolo di Bodenheimer, Wagner e Grumbach]

[Guarda la presentazione in ppt di Edward H. Wagner sul Chronic Care Model]

La terza parte è dedicata alla gestione della persona con cronicità, dalla identificazione dei soggetti sofferenti che il Sistema deve prendere in carico, fino alla valutazione delle cure erogate. Due delle cinque fasi descritte in questa parte spiegano la presa in carico/gestione della persona malata e l’erogazione di interventi sanitari e di supporto personalizzati. Sono aspetti molto importanti e realmente attuali, approfonditi diffusamente in letteratura. Il quarto articolo della serie del JAMA prima citata – Innovations in primary care – era dedicato proprio al self-management nella cronicità: pazienti al centro, dunque, e protagonisti della propria assistenza in quanto “esperti della propria vita”, con il supporto dei professionisti sanitari con il ruolo di consulenti esperti, sia nelle cure primarie sia in quelle specialistiche.

People with chronic conditions are their own principal caregivers, and health care professionals […] should be consultants supporting them in this role.”

Bodenheimer, Lorig, Holman Grumbach

FARSI UN’IDEA DEL SELF-MANAGEMENT DEL PAZIENTE
[Accedi all’articolo di Bodenheimer et al.]
[Accedi all’articolo di Bodenheimer et al. sui 10 pilastri dell’assistenza a elevata prestazione]

E’ importante sottolineare il ruolo degli infermieri nella gestione della cronicità. Il PNC considera centrale questa figura nei nuovi assetti che si andranno determinando, in un’ottica di alleggerimento dell’assistenza ospedaliera a vantaggio di quella territoriale. “Il PNC è un tassello importante sia per l’applicazione del Patto per la salute, sia, soprattutto, per il cambio di rotta nel modello di assistenza del Servizio sanitario nazionale, che deve essere sempre più orientato necessariamente ai mutamenti epidemiologici e dei bisogni di salute, tra i quali non autosufficienza e cronicità rappresentano gli aspetti principali. Il Piano consente finalmente non solo di curare, ma anche di prendersi cura delle persone con patologie croniche, perché siano assistite in modo complessivo, e non solo per quanto riguarda i sintomi specifici”, ha commentato Barbara Mangiacavalli, presidente della Federazione nazionale dei Collegi Ipasvi, sull’organo ufficiale dei Collegi. E ha proseguito: ““Il Piano è un’ottima piattaforma di lancio, soprattutto per assistere al meglio i malati cronici sul territorio, dove finora molta parte dell’assistenza era lasciata al fai-da-te di famiglie e pazienti. Ora, grazie al Piano, è anche possibile ‘tuffarsi’ nel futuro da questo trampolino e ci sono passi in più, per rendere il modello ancora più efficace ed efficiente e aderente alle indicazioni internazionali”.

Gli aspetti trasversali dell’assistenza alla cronicità sono discussi nella quarta parte del documento ministeriale: in primo luogo le disuguaglianze sociali; poi, la diffusione delle competenze, la formazione e il sostegno alla ricerca; l’appropriatezza nel ricorso a tecnologie diagnostiche e terapeutiche e l’aderenza del malato alle prescrizioni del curante; la sanità digitale; l’umanizzazione delle cure; il ruolo delle associazioni dei pazienti e dei loro familiari; infine, il ruolo delle farmacie. E’ una sezione molto importante, perché considera alcune parole chiave di crescente popolarità, da appropriatezza a aderenza, nonché gli aspetti legati all’impatto dell’informazione che i cittadini ottengono dalla consultazione e dalla frequentazione di internet. Alcune pagine sono dedicate a un altro elemento centrale, vale a dire i criteri per “identificare o sviluppare sistemi di remunerazione che siano in grado di guidare l’attitudine dell’offerta sanitaria ad incontrare i bisogni assistenziali dei malati cronici, valorizzando la professionalità degli operatori sanitari e garantendo un equilibrio economico per le strutture erogatrici e il SSN”. Si tratta di una novità importante perché potrebbe coincidere col superamento del sistema della remunerazione a prestazione con un sistema “a pacchetto” che integra “una serie di servizi relativi ad una specifica condizione (esempio una determinata malattia cronica) per un determinato periodo di tempo, più o meno lungo. Tale sistema è applicabile a programmi di disease management e include tipicamente tutte o parte delle prestazioni ritenute necessarie in base al PDTA per la gestione dello specifica condizione morbosa. “

Una parte speciale del PNC è riservata alla cura dei pazienti cronici in età evolutiva, con una particolare enfasi alle problematiche che possono sorgere nel garantire la continuità assistenziale sia tra ospedale e domicilio, sia tra cure pediatriche e dell’età adulta.

La sezione finale della prima parte generale è centrata sul monitoraggio del piano, con l’esplicitazione degli indicatori che saranno utilizzati per determinare la rispondenza degli esiti alle attese della programmazione sanitaria. E’ una sfida difficile, quella della valutazione, in quanto qualsiasi nuovo approccio alla gestione della cronicità è costituito da un framework che racchiude un insieme di attività spesso di nuova implementazione, in setting differenti, che presuppongono un ripensamento di ruoli e dinamiche relazionali sia tra il cittadino e il sistema sanitario, sia tra gli stessi operatori sanitari. Una revisione degli studi condotti nel periodi della iniziale adozione del Chronic Care Model in diverse situazioni di differenti paesi ha dato indicazioni incoraggianti, sia in termini di efficacia e appropriatezza delle cure, sia di parziale riduzione dei costi.

FARSI UN’IDEA DELLA VALUTAZIONE DEI NUOVI MODELLI DI ASSISTENZA DELLA CRONICITA
[Accedi all’articolo di Coleman, et al.]

La seconda sezione del documento è invece una panoramica – necessariamente sintetica – dei dieci principali ambiti clinici in cui la gestione appropriata e razionale del paziente cronico può rendersi necessaria, dalle malattie renali (due capitoli distinti per l’adulto e per l’età evolutiva) alle patologie respiratorie (anche in questo caso, un approfondimento sull’anziano – BPCO – e due riferiti a bambino e adolescente – asma e insufficienza respiratoria cronica), passando per artrite reumatoide, malattie infiammatorie intestinali, insufficienza cardiaca, Parkinson e malattie endocrine.